mercoledì 18 maggio 2011

Referendum Nucleare: I lavori parlamentari


Sono ripresi ieri, 17 maggio, i lavori parlamentari su: “Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali): Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo”, quindi su quelli che saranno gli sviluppi del referendum sul nucleare.

Riportiamo di seguito l’interrogazione degli Onorevoli DI PIETRO, PALOMBA, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, PIFFARI e CIMADORO, nel quale emerge quale sia la linea politica del governo in materia secondo i promotori del referendum:
Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 15 e 16 maggio 2011, 877.982 cittadini sardi si sono pronunciati sul referendum consultivo regionale sul nucleare. I cittadini dell'isola dovevano esprimere la loro volontà in merito al quesito: «sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate e preesistenti?»;
il risultato del referendum consultivo è stato nettissimo: il «no al nucleare» ha stravinto con una percentuale del 97,14 per cento. Un vero e proprio plebiscito che spazza via la stagione nucleare e manda un segnale chiaro al Governo;
contro la costruzione delle centrali nucleari si erano pronunciati tutti i partiti e tutte le forze sociali;
dopo il voto sardo, e a scrutini ormai conclusi, lo stesso presidente della regione, Ugo Cappellacci, ha sottolineato come «la scelta espressa in maniera così compatta dalla Sardegna non è stata presa sull'onda dell'isteria per il disastro nucleare di Fukushima. Quella antinucleare è una convinzione radicata»;
va preso atto che la nettissima contrarietà al nucleare espressa in questi giorni dai cittadini sardi è solo l'ultima di una lunga sequenza di posizioni assolutamente contrarie a qualunque ipotesi di istallazioni nucleari espresse dalla gran parte delle regioni italiane;
già nei mesi scorsi, quasi tutte le regioni, hanno detto «no» al piano nucleare, sull'onda dei ricorsi alla Corte costituzionale presentati da 11 amministrazioni (Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana), che hanno rilevato profili di incostituzionalità nelle procedure previste per la definizione dei siti e per i processi autorizzativi delle centrali. In Sicilia l'Assemblea regionale ha detto «no» al nucleare con un ordine del giorno, approvato all'unanimità, con l'appoggio anche del presidente Raffaele Lombardo;
in questo contesto, va rammentata la dichiarazione dello stesso Sottosegretario per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, che aveva dichiarato (Il Corriere della Sera del 12 febbraio 2011): «è chiaro che nessuna centrale nucleare si farà contro la volontà della regione, è una cosa che non accadrà mai». Peraltro, una dichiarazione certamente vincolante per il Governo e che non è mai stata smentita o ridimensionata nelle settimane successive;
quanto sopra esposto mostra chiaramente che non vi è alcuno spazio per un ritorno alla politica nucleare;
il Governo, invece, si è solo preso una «pausa di riflessione», ma, di fatto, continua a non voler rinunciare all'avventura nucleare;
l'intento sostanziale del Governo - esplicitato anche in provvedimenti legislativi all'esame del Parlamento - è, infatti, quello di far approvare una sospensione della scelta nucleare, facendola invece passare per una formale abrogazione delle norme approvate dal Governo che hanno reintrodotto la produzione di energia nucleare in Italia;
il Governo quindi, pur ponendo uno «stop» sulla scelta del nucleare, evidenzia chiaramente che non intende fare un passo indietro definitivo, ma che mantiene ferma la volontà di riprendere in futuro la via dell'atomo;
a conferma di questi reali intendimenti del Governo, basta ricordare che lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 26 aprile 2011, in occasione del vertice italo-francese, aveva dichiarato che continuerà sulla via del nucleare. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti: «siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare è il futuro per tutto il mondo». «Il nucleare è un destino ineluttabile (...)». E ancora: «la moratoria serve per avere il tempo necessario affinché la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di 1-2 anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare (...)». Quanto accaduto in Giappone, sempre secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, «ha spaventato ulteriormente i cittadini italiani e se fossimo andati oggi al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni»;
l'obiettivo esplicito del Governo è, quindi, quello di tentare di annullare il quesito referendario del 12 e 13 giugno 2011, dove gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, per abrogare definitivamente proprio la normativa che consente la realizzazione di centrali nucleari sul nostro territorio nazionale -:
se non intenda prendere atto che gli italiani non vogliono più sentir parlare di una nuova avventura nucleare nel nostro Paese e, nel rispetto della loro volontà, chiudere in maniera realmente definitiva ogni ipotesi di ritorno del nucleare in Italia. (3-01653)
(17 maggio 2011 - fonte Camera dei Deputati)


Per chi volesse approfondire l’argomento, sono visionabili gli emendamenti proposti al disegno di legge sul sito della Camera dei Deputati seguendo questo link

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