venerdì 10 giugno 2011
Referendum: le quote dei bookmakers
A poche ore dall’apertura dei seggi per i referendum, i bookmakers inglesi aprono le giocate sulla vittoria del si o del no.
Secondo i bookmakers, in vantaggio è il “sì”, con una quota fissata a 1.50, mentre la vittoria del “no” è l’esito meno probabile, a 5.50.
Maggiore incertezza viene prospettata sul raggiungimento del quorum: il rischio che non si raggiungerà il 50% più uno degli aventi diritto al voto è quotato a 2.10.
giovedì 9 giugno 2011
200 religiosi in piazza per i referendum
Anche i religiosi si mobilitano in vista dei referendum di domenica e lunedì prossimi.
Circa 200 religiosi, in rappresentanza di quasi tutte le regioni italiane, hanno dato vita a Roma, in piazza San Pietro, ad una manifestazione del digiuno e della preghiera per dire “Si” ai referendum.
E’ la prima volta che si realizza una manifestazione di questo genere ed è anche grazie alla presa di coscienza del problema da parte della Chiesa Italiana. Da questo appuntamento emerge chiaramente il forte messaggio che si vuole dare: “Non andare a votare è la scelta sbagliata”.
I religiosi si sono mobilitati per i referendum sull’acqua e sul nucleare, ma, a titolo personale, molti si sono espressi chiaramente anche per l’abolizione della norma sul legittimo impedimento.
Ci auguriamo che questo messaggio forte sia sentito da tutti coloro i quali hanno ancora dubbi sull’andare o meno a votare. La partecipazione attiva del cittadino è importante perchè il potere che hanno gli uomini politici viene da noi, e a noi spetta utilizzare con rispetto e puntualità gli strumenti che la democrazia ci offre per esprimere le nostre opinioni.
mercoledì 8 giugno 2011
I vassalli del piccolo cavaliere
La paura fa 90.
E’ questo il primo pensiero che ci viene spontaneo dopo il raduno di valvassori e valvassini del Piccolo Cavaliere organizzata dall’uomo che, nonostante la mole, emerge dalle sue morbide poltrone solo nei momenti di peggiore crisi del centrodestra, i momenti in cui può ergersi e sentirsi come “colui che porta la parola”. D’altronde è una tipica deformazione dei destrorsi quella di sentirsi una parte o il tutto di qualche pagano tipo di divinità.
Stiamo parlando dell’appuntamento organizzato stamane da Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio e consigliere politico di Berlusconi, presso il Teatro Capranica di Roma, in cui un manipolo di fedelissimi di inequivocabile portata quali Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti e Mario Sechi hanno dato vita ad un proto-requiem dell’attuale “dirigenza” del PdL.
La rumorosa compagnia ha dato vita ad un appuntamento a metà strada tra la seduta psicoanalitica e la dichiarazione di guerra.
Berlusconi è il convitato di pietra…. anzi, di cartone essendo presente una sagoma ad altezza naturale del premier (fortunatamente essendo, appunto, ad altezza naturale non è stata necessaria molta materia prima!) e visto che, quando il gatto non c’è i topi ballano, la compagnia ha dato il “meglio” di se con una serie di affermazioni che non pensiamo siano state molto gradite al padrone del partito.
”Si è perso perché Berlusconi non sceglie più in prima persona i candidati” è emerso… «Ovvio, ormai pensa solo ai fatti suoi. E te credo!» è il robusto commento di Feltri, il quale prosegue nelle sue raccapriccianti teorizzazioni affermando che tutti i mali sono nati dalla abrogazione dell’immunità parlamentare, la quale permetterebbe ai politici di lavorare tranquilli… di certo nessuno ha spiegato a Feltri che il modo migliore per lavorare tranquilli è non avere scheletri nell’armadio, non avere la possibilità di ricorrere all’immunità.
Gli interventi continuano all’insegna della profonda analisi politica; il neo sindaco di Napoli viene definito da Feltri come «il nuovo San Gennaro dei napoletani» e i suoi elettori se ne pentiranno quando vedranno i rifiuti arrivare al terzo piano dei palazzi.
Non mancano, ovviamente, i richiami al fascismo ed a Mussolini, immancabilmente interpretati dalle citazioni di Ferrara.
Si parla anche delle ipotetiche primarie del centrodestra (senza che emerga la paura di voti di infiltrati comunisti che aveva ventilato Berlusconi qualche giorno addietro, evidentemente ancora confuso dalla batosta elettorale), ritenute uno strumento utile ma che non può prescindere da Berlusconi stesso.
La festicciola prosegue per tutta la mattinata, fino a mezzogiorno, orario in cui era atteso ma non troppo Berlusconi stesso… sconsolati molti partecipanti hanno preso atto del forfait del premier commentando che dopotutto, «quando ti fanno la festa sarebbe carino che tu almeno ci andassi».
Per il governo il parlamento è solo un ostacolo
Continua l’agonia del governo, che, dopo le recenti sconfitte elettorali, i sotterfugi per bloccare la libertà di voto dei cittadini sul referendum, le deliranti proposte sullo spostamento al nord di alcuni ministeri, inizia a raccogliere i frutti di quanto ha seminato:
Governo e Maggioranza sono stati sonoramente battuti al Senato (fino ad oggi considerato il ramo del parlamento meno “problematico” per il governo) su un emendamento al decreto legge anticorruzione.
L'emendamento era interamente sostitutivo del primo articolo del decreto e prevedeva l'istituzione di un comitato di coordinamento anti corruzione presieduto dal presidente del Consiglio. Il presidente di turno, Domenico Nania, ha sospeso la seduta. Alla ripresa la maggioranza è andata di nuovo sotto su un altro emendamento.
Il governo, a seguito di questa ennesima débâcle ha deciso, alla riapertura pomeridiana della seduta, di presentare un emendamento per l'introduzione di un articolo aggiuntivo sul coordinamento anticorruzione, dopo la cancellazione dell'articolo 1 che affidava, appunto, questo organismo direttamente alla presidenza del Consiglio.
Le opposizioni insorgono, in quanto chiedevano opportunamente il rinvio del provvedimento in commissione per la riformulazione dell'articolo 1. In questo modo emerge evidente come il governo non intenda accettare il voto dell’aula e procedere per la propria strada. La soluzione posta in essere dal governo in merito consiste nel fatto che l'Aula riprenderà da domani l'esame degli emendamenti e dall'art.2 in avanti. Contemporaneamente l'emendamento del governo aggiuntivo all'art.1 sarà discusso in commissione.
Ovviamente la maggioranza ha accusato l’opposizione di strumentalizzare l’accaduto, senza considerare che si tratta di un ennesimo fatto chiaro: i numeri della maggioranza sono sempre più volatili e legati agli umori dei suoi componenti.
''Il governo tragga le conseguenze, la maggioranza è senza più prospettive” ha commentato il segretario del Partito Democratico Bersani; mentre per il capogruppo dell'Italia dei Valori in Senato, Felice Belisario, "il governo è stato battuto perché ormai è sotto la tenda ad ossigeno e la maggioranza gli sta togliendo quella poca aria che gli è rimasta. La caduta dell'articolo 1 del ddl governativo anticorruzione certifica che siamo ai titoli di coda della legislatura".
Da notare, inoltre, come durante i lavori dell'Aula, il Senato abbia approvato l'emendamento ''a prima firma Poli Bortone e Viespoli che obbliga coloro che occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi di giurare fedeltà alla Costituzione italiana". L'emendamento sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari ha trovato il voto contrario della Lega Nord.
La replica dell’esponente IdV Pardi non è tardata ad arrivare: “Eppure i ministri della Lega sulla Costituzione hanno giurato, gli impiegati invece non possono secondo loro farlo: evidentemente le poltrone ministeriali valgono più dei principi generali". Come è possibile non essere d’accordo?
martedì 7 giugno 2011
Calderoli all’assalto di Roma
Ancora una volta ci troviamo davanti all’ennesima carnevalata da parte del nostro “governo” (e le virgolette non sono un errore di battitura).
Il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli ha appena depositato all'ufficio centrale elettorale della Cassazione la richiesta per una "proposta di legge sulla territorializzazione dei ministeri e delle altre amministrazioni centrali". La raccolta delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare partirà, come ha annunciato lo stesso Calderoli, da Pontida il 19 giugno.
Si tratta chiaramente di una proposta di legge per far prendere vita all’ultimo desiderio leghista: trasferire ministeri ed altre amministrazioni centrali nel nord Italia.
E’ proprio quello di cui hanno bisogno i cittadini… con tutti i problemi del paese, dal lavoro ai conti pubblici questi signori a cosa pensano? A spendere altri soldi (veramente tanti) per poter dire “abbiamo un ministero a Milano!”. Ma è forse questo che desidera il popolo? E’ questo che desiderano gli elettori della Lega? Se è così è certo che si sono tutti bevuti il cervello a nostro avviso.
Le reazioni a questa comica iniziativa si sono già sollevate numerose:
Renata Polverini, presidente della regione Lazio ed esponente del Popolo della libertà, ha commentato: ''L'iniziativa del ministro Calderoli è inaccettabile, un affronto alla Capitale dove i ministeri hanno sede da sempre. Questa ostinazione alimenta solo divisioni nel Paese e distrae l'attenzione da questioni più urgenti e serie per i cittadini che devono essere affrontate”.
Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell’Italia dei Valori ha affermato: "Basta con le buffonate. I cittadini del Nord, come quelli del Centro e del Sud, vogliono che il governo affronti i problemi reali dell'Italia, che si occupi in particolare della crisi economica e del lavoro, non certo dello spostamento di ministeri".
Felice Belisario, presidente dei senatori IdV rincara la dose: "Il governo non è scherzi a parte. Ormai siamo alle burletta. La lega fa finta di incassare qualche caramella da Berlusconi. Ma ormai non serve a niente. Domenica parleranno i cittadini con i referendum. E in ogni caso noi ci opporremo in ogni modo".
Oltre alla sostanza della proposta in sé, lascia ancora più di stucco il fatto che sia stata proposta da un ministro e, per giunta, dal ministro per la semplificazione. Evidentemente il concetto di “semplificazione” per Calderoli è qualcosa su cui sarebbe opportuno indagare profondamente….
Attendiamo nuovi sviluppi, consapevoli che, purtroppo, non c’è limite al peggio.
Anche la Corte Costituzionale ha detto si!
Finalmente possiamo affermare con certezza che anche il referendum sul nucleare si terrà regolarmente.
La Corte Costituzionale ha, infatti, appena ammesso il referendum così come è stato riformulato dalla Corte di Cassazione nella sua pronuncia della scorsa settimana.
I tentativi di boicottaggio da parte del governo si sono ancora una volta infranti di fronte alla legge (e ci auguriamo che non vi siano attacchi alla Consulta da parte di qualche esponente della maggioranza) e, finalmente, a 5 giorni dal voto, i cittadini hanno finalmente la certezza di poter esprimere la propria opinione.
Il comitato promotore ha rilasciato una nota nella quale scrive che "Dalla Consulta arriva l'ennesimo e definitivo stop alle pretese di un governo che con una mano lascia libertà di voto e con l'altra cerca con ogni mezzo di sabotare il referendum. Ora la parola passa ai cittadini".
La Corte Costituzionale ha deciso all’unanimità secondo quanto riportato da fonti vicine al supremo organo, ora non resta che attendere le motivazioni di tale decisione (redatte dal dal giudice Giuseppe Tesauro) che dovrebbero essere depositate in giornata.
Arrivederci Michele….
Ancora una volta abbiamo avuto la prova di quanto il servizio radiotelevisivo pubblico sia asservito ai desideri del governo: Michele Santoro e la RAI hanno deciso di separarsi “consensualmente” (almeno, questo è il termine usato nelle comunicazioni ufficiali); su quanto il consenso sia stato reciproco rimangono comunque molti dubbi: voci vicine al giornalista lo descrivono “rassegnato” a questa soluzione ed assolutamente non felice di quanto accaduto.
Ricordiamo che, dopo l’epurazione seguita al famoso Editto Bulgaro che aveva provocato la cacciata dalla RAI di Santoro, Biagi e Luttazzi, il giornalista salernitano era stato reintegrato in RAI a seguito di una pronuncia del giudice del lavoro che aveva ritenuto assolutamente privo di legittimità il suo licenziamento. Da allora la vita di Santoro in RAI è stata tutt’altro che semplice: ogni cosa veniva usata pretestuosamente per accusare il conduttore di “Annozero” di essere eccessivamente di parte ed i rapporti con gli organi dirigenti di Viale Mazzini (e del governo) sono stati sempre tesi.
Questo fino a che non si è arrivati al punto attuale, in cui Santoro ha molto probabilmente dovuto accettare la risoluzione consensuale del contratto.
Sicuramente il servizio pubblico non ci guadagna da questa vicenda, sia dal punto di vista del pluralismo dell’informazione, sia dal punto di vista economico: Santoro garantiva ad ogni messa in onda un numero di spettatori composto da circa 5 milioni di affezionati, come risulta dal seguente grafico che analizza l’andamento di Annozero degli ultimi 3 mesi.
Le analisi parlano di ascolti che, sullo stesso canale e nella stessa fascia orario, si aggirano mediamente intorno ai 2,5 milioni di spettatori quando non era trasmesso il programma di Santoro.
Ovviamente gli inserzionisti pubblicitari tengono conto degli ascolti nel momento di “aprire il portafogli” per acquistare spazi promozionali ed il mancato introito andrà, come sempre, ad influire nelle tasche dei cittadini oppure a diminuire la qualità del servizio pubblico radiotelevisivo.
Voci non confermate riportano che Santoro sia già in avanzati contatti con La7 ed oggi il giornalista dovrebbe dare maggiori informazioni sulla situazione durante una conferenza stampa in luogo ancora da definirsi, dopo che è stata annullata la conferenza stampa che avrebbe dovuto tenersi questa mattina alle 11 negli studi Rai di via Teulada.
Ancora una volta, possiamo dire in conclusione, il governo ha avuto un ruolo determinante nella vicenda. Che Santoro non fosse simpatico a Berlusconi è noto da tempo, ma imporre in maniera così forte il silenzio alle voci contrarie è un nuovo ed ennesimo esempio di quanto l’informazione di massa in Italia sia sempre più soggiogata al potere politico.
Lega in silenzio, PdL senza parole.
Il vertice di Arcore tra Pdl e Lega si è concluso e i dettagli sostanziali di quello che è emerso sono ancora pochi.
La sensazione è che non vi sia stata nessuna svolta epocale e nessuna decisione importante, se non uno scontato quanto inutile “andiamo avanti”.
Le tematiche in discussione erano essenzialmente due; sul fronte fiscale resiste saldamente la posizione di Tremonti: non c’è nessuno spazio per ridurre le tasse e, se si vuole raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2014, è confermata la necessità di una manovra da 40 miliardi di euro. La riforma fiscale sbandierata dal premier dopo i ballottaggi rimane una semplice scatola vuota nella quale nessuno può dire se e come verrà riempita.
L’altra promessa fatta qualche giorno fa, cioè il passaggio di qualche ministero (o ufficio ministeriale) al Nord, non è stata maggiormente specificata. La proposta, nata con l’intento esclusivo di compiacere Bossi & C., è già stata ampiamente criticata anche da molti esponenti di Centro Destra, quali Alemanno. La totale inutilità di questa iniziativa è palese e comporterebbe solo un aumento dei costi della pubblica amministrazione con ulteriori aggravi sui cittadini, i quali di questo non hanno assolutamente bisogno!
A fine summit è toccato al neo segretario pdl Alfano rilasciare le dichiarazioni di rito: "Il rapporto fra tra Berlusconi e Bossi è solido", "Si è ulteriormente rafforzata la volontà di arrivare a fine legislatura". Tutte frasi di circostanza che non aggiungono nulla. Ciò che aggiunge qualcosa è, invece, il silenzio di Bossi e della Lega: dopo il vertice il Senatur e i colonnelli leghisti si chiudono a via Bellerio e, alla loro uscita, nessuno apre bocca.
La sensazione che la misura sia colma per la Lega si fa sempre più corpo. Le prossime verifiche del governo diranno se e come ci sarà ancora un futuro per questo governo.
domenica 5 giugno 2011
Referendum: Altre menzogne
Abbiamo parlato molto del nucleare, abbiamo lottato insieme a centinaia, migliaia di altre persone per dare un piccolo contributo alla sovranità popolare…
Abbiamo avuto fiducia in un paese nonostante tutto, convinti che la forza del popolo sia più forte degli interessi personali…
Abbiamo gioito di fronte alle azioni importanti intraprese da chi crede ancora che il governo debba essere nell’interesse del popolo…
Ancora una volta, però, abbiamo avuto ulteriore dimostrazione di come il potere esecutivo sia in mano a quella che non è eccessivo definire una dittatura, il potere legislativo è schiavo dello stesso esecutivo a causa dell’abusatissima decretazione di urgenza ed il potere giudiziario rischia sempre più di essere sottomesso ai desideri del governo; e, a questo, si aggiunge un’altra “perla” che non può lasciare indifferenti: nonostante le ultime parole sul referendum pronunciate due giorni fa da Berlusconi in cui affermava: ”ci asteniamo dal prendere posizione e ci adegueremo alla volontà dei cittadini”, è emerso da poche ore che il 1° giugno il premier ha chiesto all’Avvocatura generale dello Stato, di “intervenire” all’udienza della Corte costituzionale sull’ammissibilità del nuovo quesito sul nucleare dopo il via libera dato dall’Ufficio per il referendum della Cassazione. Dalla missiva in questione, firmata da Gianni Letta, emerge chiaro il mandato e l’obiettivo di Berlusconi: “evidenziare l’inammissibilità della consultazione”. Insomma, gli avvocati dello Stato chiederanno che i cittadini non possano votare sul nucleare. Tutto questo accadrà martedì 7, giorno in cui la Consulta analizzerà la richiesta dell’avvocatura di stato, la quale sostiene che quanto ha deciso la Cassazione è illegittimo, in quanto sconfinerebbe nella valutazione sostanziale (invece che limitarsi all’analisi ed al giudizio sugli aspetti formali) ed, inoltre, che con il Decreto Omnibus il Governo ha modificato sostanzialmente le norme precedenti, oggetto del referendum, e per questo gli elettori voteranno un quesito “del tutto difforme rispetto a quello in base al quale sono state raccolte le sottoscrizioni necessarie allo svolgimento”. Con la decisione della Cassazione, inoltre, secondo l’avvocatura è cambiata la natura stessa della consultazione “che non è più abrogativa ma propositiva, se non consultiva…poiché non deriva dai commi 1 e 8 dell’articolo 5 la possibilità di realizzare centrali nucleari, né di dar corso ad una politica energetica fondata sul nucleare ne consegue che ciò che si chiede all’elettorato è di esprimersi sull’opportunità che in futuro, sulla base di nuove scelte, l’Italia adotti una strategia energetica”.
A questo punto i tentativi di boicottaggio sul referendum sono talmente tanti che viene spontaneo sospettare che il governo non voglia solo far saltare i referendum per evitare l’abrogazione del legittimo impedimento, ma che dietro a tutto questo (non dimentichiamo la scarsissima informazione e le costanti accuse dell’Agcom sulla mancanza di notizie accessibili sul referendum sui canali RAI) ci siano degli interessi economici enormi e ben precisi. Non dimentichiamo quanto “firmato” dal governo con l’azienda francese Edf (maggiori informazioni seguendo questo link) e chissà a fronte di quali interessi personali…. è chiaro come per l’ennesima volta chi ci governa ha pensato di guardare al proprio interesse sulla pelle di noi cittadini.
Non so cosa debba ancora accadere…….